Biography
Nato nel 1985 a Johannesburg, in Sudafrica, dove vive e lavora. Nel 2007 si laurea in Belle Arti presso la Michaelis School of Fine Art dell’Università di Città del Capo, dove riceve anche il premio “Simon Gerson” per l’eccezionalità della sua ricerca artistica. Nel 2009 ottiene il Diploma post-laurea in Belle Arti, specializzandosi in stampa e già nel 2013 il giornale The Times lo nomina tra i 10 artisti emergenti sudafricani da tenere d’occhio.
Wright esplora vari mezzi espressivi, come la scultura, la stampa e la pittura, traendo ispirazione dai mondi interconnessi dei media, della cultura popolare, della politica e delle interazioni sociali, nel tentativo di creare rappresentazioni che narrino le attuali complessità e paradossi presenti all’interno della società sudafricana.
Il suo lavoro è stato presentato in alcune mostre personali, tra cui: “The Atrophy and the Ecstasy”, Sulger-Buel Lovell Gallery, Cape Town, (2015); “The Hilarity of Reality”, Circa on Jellicoe, Johannesburg (2013); “Spectacular but Empty”, The Lovell Gallery, Cape Town (2013); “Protect Your Roots”, Salon91 Contemporary Art Collection, Cape Town (2011).
Ha, inoltre partecipato a diverse mostre collettive tra il Sudafrica e l’Inghilterra, tra cui: “Winter”, Everard Read, Londra (2018); “Bronze, Steel, Stone”, Everard Read & Circa, Johannesburg, (2015); “Liberation un(masked)”, Sulger-Buel Lovell, Londra (2014); “Summer of Sculpture”, Mount Nelson Hotel, Cape Town (2013).
Everything in its (Right) Place
Collettiva – Everything in its (Right) Place
PRESS RELEASE
A.MORE gallery è lieta di annunciare “Everything in Its (Right) Place”, mostra collettiva con opere di Thorbjørn Bechmann (1966, Copenhagen, Danimarca), Pietro Campagnoli (1994, Torino), Andrea Fiorino (1990, Siracusa), Marty Schnapf (1977, Indiana, USA) e Neill Wright (1985, Johannesburg, Sudafrica), a cura di Domenico de Chirico.
Col fine ultimo di salvaguardare la questione dell’identità, “Everything in Its (Right) Place”, interrogandosi su questioni complesse quali la libertà e l’autenticità, ambedue generalmente antitetiche rispetto a quella del controllo, si prefigge l’obiettivo di indagare il rapporto, spesso caratterizzato da sfumature discordanti e talvolta mendaci, fra il corpo e lo spazio, fra le forme del sapere e quelle legate al potere, fra la naturalità e l’antropizzazione e fra il comportamento e l’atteggiamento in relazione a quei complessi concetti ossimorici così chiamati di utopia e di eterotopia, ovverosia di ideale e di reale. Secondo tali premesse, questa composita mostra collettiva intende tracciare i contorni di un nuovo percorso, destinato a tutti i cittadini ed in particolar modo ai liberi pensatori e agli estatici creativi, che protende alla realizzazione di un luogo in cui potersi dapprima incontrare e poi confrontare così da poter quietamente riformulare e saldamente architettare una nuova e più fiorente rigenerazione urbana, a sua volta intrisa di relazioni umane, auspicabilmente gentili e sincere, che, a loro volta, si adoperano saggiamente per poter supportare appieno l’ecosostenibilità e tutto quanto può essere favorevole alla prolificazione di formazione, introspezione, interrelazioni e cultura. Pertanto, “Everything in Its (Right) Place” così si compone: Thorbjørn Bechmann, con la sua pittura non rappresentativa, esplora le questioni di processo e di rappresentazione mediante linguaggi visibilmente astratti. Le preoccupazioni centrali della sua pratica artistica sono costituite da tutte quelle questioni legate alla comunicazione, alla sensibilità e ad un linguaggio specificamente non rappresentativo in cui le nozioni di pensiero vengono articolate attraverso le mani e gli occhi dell’artista stesso. Così facendo, le sue opere, da intendersi come ricordi visivi ormai sfocati, sono orientate al processo perpetuo di esperienza e di trasformazione e vengono egregiamente stratificate mediante una moltitudine eterogenea di colori, sfumature e ombre sino a raggiungere uno stadio ideale cosiddetto di “trasparenza”; Pietro Campagnoli indaga, attraverso la sua scultura lirica e granulosa, statica ma impetuosa, la fragilità della figura umana e degli oggetti che la circondano. Nel sofisticato tentativo di rappresentare la forma corporea di esseri animati e non, la quale tuttavia viene privata di qualsiasi identità, le sue sculture sono dei veri e propri calchi, impronte ed impressioni di tutto ciò che fa parte del suo emisfero vitale, sensibile e tattile, metafora aulica dell’impossibilità dell’artista stesso di accedere e comprendere i lati più reconditi dell’altro; nel lavoro pittorico di Andrea Fiorino si alternano fotogrammi provenienti da sogni gentili e conflitti burrascosi, immagini di oggetti talvolta ritrovati talaltra perduti, cartoline di amori che ritornano danzanti e pose di figure solitarie. La sua pittura scomposta viene definita da un segno incisivo e ruvido che sovente la contraddistingue, in costante armonia con colori ricchi di contrasto, pastosi e sempre lucenti. Definibile come pura “joie de vivre”, attraverso la sua ricerca egli vuole condividere le sue esperienze come in un gioco dal dialogo immediato con immagini che ritornano e si mescolano continuamente echeggiando; le opere delicate e conturbanti di Marty Schnapf evocano lo spazio incostante, sensuale e psicologico del sogno, del desiderio, della memoria e della premonizione. Ambienti strutturalmente smaterializzati circondano e penetrano le figure amabilmente sovrapposte o pensierose e in completa solitudine che animano i suoi quadri. Con la dislocazione e la dissoluzione degli elementi compositivi, Schnapf affronta la questione dell’istante non solo così com’è ma anche per come potrebbe essere. In questo modo, il suo lavoro ammette le molteplici potenzialità della cosiddetta simultaneità. Schnapf tesse opere complesse e stratificate che suscitano un impatto psicologico immediato e in continua evoluzione; il multidisciplinare ed empirico Neill Wright esplora vari mezzi come la scultura, l’incisione e la pittura intendendoli concordemente come modi di espressione, traendo ispirazione da una varietà di fonti all’interno della sua esperienza reale di vita vissuta. Il lavoro audace, multistrato e colorato parla di curiosità e amore per il mondo naturale in relazione al caos tipico della vita quotidiana. Elementi astratti e rappresentativi coesistono in modo seducente ma minaccioso evocando sia l’esultanza sia il terrore insiti nell’ignoto e nell’inesplorato.