Aldo Salucci

” Corpi in attesa”

Aldo Salucci, vuole porre l’attenzione sulla diversità di ogni essere umano, con le sue fragilità e probabili ferite. L’artista esorta a guardare al futuro con speranza e a stigmatizzare ogni tormento. Ogni essere umano durante la sua esistenza si trova a scontrarsi con le difficoltà ma l’importante è non farsi sopraffare. Un invito ad accettare tutti i traumi e a concepirli come punti di forza ed elementi caratterizzanti.

Le opere, che a un primo sguardo ricordano delle foto satellitari di paesaggi terrestri, invece rappresentano delle cellule umane viste al microscopio. Nelle opere troviamo delle “ferite” che l’artista ricuce intervenendo con della polvere d’oro ispirandosi alla tecnica giapponese del kintsugi o kintsukuroi (“riparare con l’oro”). Questa pratica nasce infatti dall’idea che dall’imperfezione e dalle ferite possa nascere una forma maggiore di perfezione estetica e interiore.

“Ed è proprio raccogliendo tutti quei frammenti di testimonianze del nostro passato, tra prove superate e altre mancate, nel tentativo di rimetterli armonicamente insieme, possiamo comprendere che solo quando ci lussiamo possiamo scoprire esattamente come e di cosa siamo fatti realmente”.

Corpi in attesa I, 2023

Acrilico su stampa Fine Art su carta di cotone, pezzo unico, 198 x 112 cm

Corpi in attesa V, 2023

Acrilico su stampa Fine Art su carta di cotone, pezzo unico, 198 x 112 cm

” ON THE NATURE OF THINGS “

Le opere del ciclo intitolato “On the Nature of Things”, ipotizzano magistralmente uno scenario autonomo e futuribile. Si tratta di un avvenire possibile, che, in quanto tale, può già essersi appropriato nel presente di luoghi reconditi e dimenticati, in cui la presenza dell’uomo è solo citata ma ormai passata, nel quale la natura si riappropria dei suoi spazi, confermando in tal modo la sua posizione di protagonista indiscussa della realtà̀ nella sua totalità̀. La dialettica risultante da questi possibili scenari è tutt’altro che scontata e le scenografiche immagini regalateci da Salucci risultano vacillanti. Quel che ne consegue è un connubio esteticamente armonico e incongruente, creato dalla connivenza tra vividi elementi naturali che si insinuano negli anfratti di atavici luoghi semi-dimenticati col fine di scaturire una sensazione in bilico tra inerenza e disorientamento, rassicurazione e conturbamento, nostalgia e pienezza e che, a loro volta, suggeriscono all’unisono una rimessa in discussione degli scenari antropizzati precostituiti.

The choice, 2023

Acrilico su serigrafia stampata su carta di cotone, pezzo unico, 107 x 142 cm

The wheat of love, 2022

Fotografia Digitale su CromaLuxe, 110 x 110 cm, ED. 5

Life on earth, 2022

Fotografia Digitale su CromaLuxe, 97 x 120 cm, ED. 5

Wisteria stairs, 2022

Fotografia Digitale su CromaLuxe, 90 x 120 cm, ED. 5

Imperfect blue, 2022

Fotografia Digitale su CromaLuxe, 95 x 120 cm, ED. 5

Over the blue, 2022

Fotografia Digitale su CromaLuxe, 95 x 120 cm, ED. 5

Les coquelicots bleus, 2022

Acrilico su serigrafia stampata su carta di cotone, pezzo unico, 88 x 111 cm

Blue drape, 2022

Acrilico su serigrafia stampata su carta di cotone, pezzo unico, 76 x 109 cm

Versace on top, 2022

Acrilico su serigrafia stampata su carta di cotone, pezzo unico, 84 x 111 cm

Wrong perception, 2022

Acrilico su serigrafia stampata su carta di cotone, pezzo unico, 109 x 76 cm

Summer is back, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 92 x 100 cm, ED 5

Flowers on purple carpet, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 87 x 120 cm, ED 5

Les coquelicots bleus, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 95 x 120 cm, ED 5

Les coquelicots, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 82 x 120 cm, ED 5

Blue drape, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 82,8 x 120 cm, ED 5

Cactus in ballroom, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 110 x 110 cm, ED 5

The tiger and the sunflowers, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 110 x 110 cm, ED 5

Versace on top, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 91 x 110 cm, ED 5

Wrong perception, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 120 x 82,5 cm, ED 5

House of the spirits, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 75 x 120 cm, ED 5

Evergreen, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 81,5 x 120 cm, ED 5

Ninfea blue, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 80 x 120 cm, ED 5

I was (here), 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 80 x 120 cm, ED 5

The hidden garden, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 80 x 120 cm, ED 5

The temple, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 82 x 120 cm, ED 5

Underground, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 80 x 120 cm, ED 5

The flying parrots, 2020

Fotografia digitale su CromaLuxe, 80,5 x 120 cm, ED 5

Wild is the grass, 2021

Fotografia digitale su CromaLuxe, 80 x 120 cm, ED 5
Biography
  • Nato a Roma, attualmente vive e lavora nella città di Milano. Si appassiona al disegno e alla sperimentazione dell’uso dei colori fin dall’infanzia. Resta affascinato dal potere della fotografia e da un meticoloso lavoro di post-produzione digitale che gli permette di creare un nuovo forte mezzo di comunicazione che risulta spontaneo e libero da ogni regola. La fotografia è il mezzo che gli permette di creare opere d’arte di tecniche miste.
Formazione
  • Facoltà di Farmacia, Università degli studi di Perugia
Mostre personali
  • 2021 MIA Photo Fair, Milano, Italia
  • 2021 On the Nature of Things, A.MORE gallery, Milano, Italia
  • 2019 MIA Photo Fair, Milano, Italia
  • 2018 Distopia, Galleria Statuto 13, Milano, Italia
  • 2018 Underworld, The Iranian Artist Forum, Teheran, Iran
  • 2017 Mud, Galleria Statuto 13, Milano, Italia
  • 2016 Room mate, Hotel Giulia, Milano, Italia
  • 2016 Aquaticus, Galleria Statuto 13, Milano, Italia

"Corpi in attesa" | 7.3 - 31.5.2024

Aldo Salucci – “Corpi in attesa”

PRESS RELEASE

A.MORE gallery è lieta di presentare la mostra personale “Corpi in  attesa” di Aldo Salucci a cura di Domenico de Chirico.

TESTO CRITICO

«Le cose sacre non devono essere insegnate che alle persone pure; è un sacrilegio comunicarle ai profani prima di averli iniziati ai misteri della scienza.»

(Prolegomeni-Ippocrate, cit. in René Lachaud, op. cit., pag. 70.)

 

Avendo come punto di partenza la biologia e l’anatomia umana, le opere ardimentose del nuovo ciclo di fotografie dell’artista romano, meneghino d’adozione, Aldo Salucci, intitolato “Corpi in attesa”, si presentano come fortemente epistemologiche. Queste, si prefiggono l’obiettivo di sviscerare un universo infinito e articolato fatto sia di rimandi sia di sensi, le cui venature si compongono, a loro volta, di un groviglio di attese e di speranze, di traumi e di dolori, di vivaci relazioni interpersonali in antitesi con stati di profonda solitudine e patimento.

Questo nuovo impulso sconquassa visceralmente la dialettica portata avanti da Salucci in cui, ancora una volta, i colori vividi, stranianti e intensi pongono l’accento sull’onnipresente e strabordante impulso della natura che sovente imperversa in tutta la sua trepidante imponderabilità. Ciò che ne consegue è il tentativo di elaborare un’arte autentica, quella che i greci chiamavano téchnē, qui da intendersi nel senso di “perizia”, la quale genera una serie di immagini che sopraggiungono ai nostri occhi presentandosi come fortemente dogmatiche eppur indistinguibili. Si tratta di un ciclo piuttosto corposo di fotografie, realizzate mediante l’utilizzo del microscopio elettronico, che vociferano di dilanianti neoplasie, nella cui metodologia, al fine di evidenziarne la parte malata, quella straziata dalle cellule tumorali, egli utilizza materiali e reagenti chimici particolarmente colorati. Assecondando una personalissima visione olistica, Salucci, così facendo, non intende valorizzare esteticamente qualcosa che è chiaramente fonte di dolore prostrante bensì di ritrarlo esattamente così com’è e più da vicino, in un moto perpetuo che lo analizza dento e fuori, nei pieni e nei vuoti, attraversandolo in tutta la sua fisionomia sia corporea sia trascendentale. Tutte queste ferite e lacerazioni, incontrollabili, repentine e profonde, talvolta irreversibili, vengono amabilmente ricucite a mano da Aldo Salucci, il quale interviene dipingendo sulla fotografia stessa mediante l’utilizzo della tecnica giapponese cosiddetta del kintsugi o kintsukuroi, letteralmente “riparare con l’oro”, considerando quel presupposto secondo cui l’azione di impreziosire con la polvere d’oro ciò che è infranto, accentua sovente la bellezza, rendendo ogni fragilità un punto di ineccepibile forza. Ciò costituisce un’imperante esortazione dapprima ad accettare tutti i nostri traumi per poi concepirli come punti di forza, considerandoli come ulteriori elementi caratterizzanti del nostro essere unici nel mondo. Ed è proprio raccogliendo tutti quei frammenti di testimonianze del nostro passato, tra prove superate e altre mancate, nel tentativo di rimetterli armonicamente insieme, possiamo comprendere che solo quando ci lussiamo possiamo scoprire esattamente come e di cosa siamo fatti realmente.

E, dunque, rifacendosi al motto del Positivismo, quello ideato dal filosofo francese Auguste Comte nel 1852, ovvero: «l’amore per principio, l’ordine per fondamento, il progresso per fine» e prefiggendosi l’obiettivo di stigmatizzare ogni fonte di profondo dolore, Salucci, mediante questa nuova serie di lavori, ricorre coraggiosamente ai fatti, alla sperimentazione, alla prova della realtà, uscendo dai discorsi speculativi e dalla ricerca dell’assoluto, accettando i limiti ingeniti della ragione e, quindi, della relatività della conoscenza, affidandosi alla capacità dell’uomo di controllare i fatti, nel tentativo di indirizzarli verso nuovi e sempre più sorprendenti orizzonti, seppur, in questo caso, impregnati di una brulicante e oltremodo dolente inesorabilità. Salucci ci suggerisce di penetrare nel dolore e di leggerlo in tutta la sua disumanizzante autorità, considerandolo come, per dirla con la grande e tormentata poetessa Alda Merini, una «mancanza netta di orizzonti», «senza domani» che categoricamente «chiude le labbra», il quale, dirompendo furiosamente, elargisce spaventi che interrompono il fiato con pusillanime tracotanza. Per di più, bisogna imparare a chiamare le cose con il loro nome così da non alimentare la paura della cosa stessa. Sulla base di tali presupposti, mediante uno stile semplice, vivace, immediato e ondoso, in cui le brillanti sfumature cromatiche imperversano liberamente, Aldo Salucci ci richiama alla non procrastinabile importanza della rinascita, successiva solo all’accettazione, dando, così, vita ad una nuova epoca dell’umanità, quella che egli stesso chiama “epoca d’oro”, sintomatica di una profonda e prospera rifioritura che instancabilmente si autorigenera, germogliando dalle sue più oscure ma sempre feconde ceneri. Ed è solo così che lo spirito, altissimo e inviolabile, può continuare a risplendere imperturbabile, avvolto dalle sue insostituibili e luminosissime tonalità auree. E come diceva Gabriele D’Annunzio nel suo romanzo “L’Innocente”: «No, no. Respira. Finché c’è fiato, c’è speranza. Coraggio! E introduceva tra le labbra livide del morente un cucchiaino d’etere».

 

Alda Merini | “Ieri ho sofferto il dolore”  –  da “La terra santa”, 1984

Ieri ho sofferto il dolore,
non sapevo che avesse una faccia sanguigna, le labbra di metallo dure,
una mancanza netta d’orizzonti.
Il dolore è senza domani,
è un muso di cavallo che blocca
i garretti possenti,
ma ieri sono caduta in basso,
le mie labbra si sono chiuse
e lo spavento è entrato nel mio petto
con un sibilo fondo
e le fontane hanno cessato di fiorire,
la loro tenera acqua
era soltanto un mare di dolore
in cui naufragavo dormendo,
ma anche allora avevo paura
degli angeli eterni.
Ma se sono così dolci e costanti,
perché l’immobilità mi fa terrore?

"On the Nature of Things" | 29.9 - 20.12.2021

Aldo Salucci – “On the Nature of Things”

PRESS RELEASE

A.MORE gallery è lieta di presentare la mostra personale “On the Nature of Things” di Aldo Salucci a cura di Domenico de Chirico.

Le opere del nuovo ciclo di fotografie del romano, meneghino d’adozione, Aldo Salucci, intitolato “On the Nature of Things”, ipotizzano magistralmente uno scenario autonomo e futuribile. Si tratta di un avvenire possibile, che, in quanto tale, può già essersi appropriato nel presente di luoghi reconditi e dimenticati, in cui la presenza dell’uomo è solo citata ma ormai passata, nel quale la natura si riappropria dei suoi spazi, confermando in tal modo la sua posizione di protagonista indiscussa della realtà̀ nella sua totalità̀. La dialettica risultante da questi possibili scenari è tutt’altro che scontata e le scenografiche immagini regalateci da Salucci risultano vacillanti.

Ciò̀ che infatti sembra essere al centro della questione è la rivendicazione della natura come creatrice anche e persino dell’azione umana, essa, infatti, assecondando i suoi tempi e le sue necessità, prende, toglie e si riprende ciò che da sempre le appartiene. Quel che ne consegue è un connubio esteticamente armonico e incongruente, creato dalla connivenza tra vividi elementi naturali che si insinuano negli anfratti di atavici luoghi semi-dimenticati col fine di scaturire una sensazione in bilico tra inerenza e disorientamento, rassicurazione e conturbamento, nostalgia e pienezza e che, a loro volta, suggeriscono all’unisono una rimessa in discussione degli scenari antropizzati precostituiti.

“On the Nature of Things”, poema lucreziano da cui il titolo di questa nuova serie fotografica, altrimenti conosciuto come il “De rerum natura”, si fa portavoce delle teorie epicuree riguardo alla realtà̀ della natura retta inconfutabilmente da un “ordine naturale” delle cose, in un universo dal sapore atomistico, materialistico e meccanicistico. Tale assunzione scuote profondamente la dialettica portata avanti da Salucci in cui i colori, stranianti e viscerali, pongono l’accento sull’onnipresente e arcaico impulso della natura di prendere il sopravvento su ciò̀ che essa stessa da sempre sostiene, la dialettica impregna anche il tempo in quanto l’aspetto cronologico antropico viene vanificato, la natura risponde alle sue logiche interne e, così facendo, ingloba, con un fare quasi teatrale che richiama le vivide cromie ancestrali delle tragedie antiche, ciò̀ che è stato poiché ciò che era non può esimersi dal rispettare le medesime leggi e dunque adeguarsi ad esse. L’atarassia, ultimo stadio del processo di accrescimento dell’uomo promulgato da Lucrezio, fa rima con una saggezza tutta contemporanea, un richiamo alla responsabilità personale, una esortazione al genere umano affinché prenda coscienza della realtà vigente e acquisti una consapevolezza profonda del nostro appartenere immanentemente e intrinsecamente a questo mondo.